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Un fumatore su due muore per colpa delle sigarette

19.03.2015 11:48

Modificata in peggio la stima dei rischi del fumo: aspettativa di vita «tagliata» di dieci anni e malattie mortali dovute alle sigarette in due fumatori su tre.


Se si cede al vizio del fumo, il prezzo da pagare è alto. Ancor più di quanto si sia ipotizzato finora: un nuovo studio condotto su oltre 200mila persone in Australia ha infatti dimostrato che due fumatori su tre muoiono per patologie correlate alla loro cattiva abitudine: i risultati, pubblicati su BMC Medicine , dimostrano una volta di più, se ce ne fosse bisogno, che fumare fa male e che la battaglia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per eliminare il fumo dal pianeta entro il 2040 è sacrosanta ).

 

Triplicato il rischio di morte

Emily Banks del Sax Institute di Sidney ha seguito per oltre 4 anni circa 200mila australiani con più di 45 anni: il 34 per cento erano ex fumatori, il 7,7 per cento persone non ancora riuscite ad abbandonare il vizio della sigaretta. Pochi i fumatori «in attività», quindi, ma non c’è da stupirsene: l’Australia è uno dei Paesi dove la percentuale dei fumatori è più bassa, secondo alcuni anche grazie alla decisione di rendere i pacchetti di sigarette tutti uguali e poco attraenti per gli acquirenti. La ricercatrice ha verificato come rispetto a chi non ha mai fumato la mortalità dei fumatori sia tripla, senza differenza fra uomini e donne: bastano 10 «bionde» al giorno per raddoppiare la probabilità di morte, con 25 si arriva addirittura a quintuplicare il pericolo. Non basta: le sigarette «tagliano» di dieci anni l’aspettativa di vita e chi fuma perciò muore in media dieci anni prima di chi non lo ha mai fatto. «In passato si pensava che circa la metà dei fumatori morisse per una malattia in qualche modo correlata al fumo, ma di recente alcuni studi hanno suggerito che il quadro potesse essere perfino più fosco – spiega Banks –. I nostri dati, raccolti su un gran numero di persone, dimostrano che è davvero così e che ben due fumatori su tre sono destinati a morire per una patologia provocata o peggiorata dalle sigarette». 

L’importanza di smettere

Unica notizia positiva, chi smette pian piano recupera salute: la mortalità decresce all’aumentare del tempo passato senza fumare e chi ha abbandonato il fumo prima dei 45 anni ha un’aspettativa di vita sostanzialmente uguale a quella di chi non ha mai acceso una sigaretta. Non è mai troppo tardi per smettere, come sottolinea Banks, ma il problema semmai è riuscirci: di recente il National Comprehensive Cancer Network statunitense ha diramato le nuove linee guida per smettere di fumare, per dare indicazioni aggiornate sugli approcci più validi per liberarsi della dipendenza. «Tutti i medici sanno quanto sia essenziale far smettere di fumare i propri pazienti, ma pochi li supportano in modo davvero efficace – osserva Peter Shields, il coordinatore del nuovo documento –. Abbandonare le sigarette è essenziale per tutti, ancora di più per chi già deve combattere una malattia di cui il fumo è quantomeno corresponsabile, come il cancro». Stando alle linee guida, fatta salva l’importanza di mettere a punto percorsi su misura per ciascuno, i metodi più efficaci prevedono una combinazione di farmaci e terapia di sostegno psicologico. Fondamentale avere sempre ben chiaro che le ricadute sono più che probabili e, se si riaccende una sigaretta, è indispensabile parlarne con il medico o lo psicologo che segue il percorso di «disintossicazione» per affrontare subito il problema e riprendere il controllo della situazione, così da non mancare l’obiettivo. Una strada in salita, insomma, giustificata però dagli anni in più di vita che dire addio al fumo può regalare.

 

fonte

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