I doni della natura
Nuove tecnologie applicate agli alimenti - Irradiazione
TECNOLOGIE APPLICATE AGLI ALIMENTI
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Da diversi anni si stanno sviluppando, sia a livello nazionale sia internazionale, delle nuove tecnologie applicate a diversi alimenti; l'irradiazione si colloca tra quelle più innovative. Fu utilizzata per la prima volta nel 1943, negli USA, per sterilizzare uno tra gli alimenti più diffusi nell'alimentazione degli americani: gli hamburger.
In che cosa consiste l'irradiazione alimentare?
E' l'utilizzo di raggi gamma, raggi X o fasci di elettroni direttamente sui cibi.
In pratica, gli alimenti da irraggiare sono posti su un nastro trasportatore e fatti passare sotto un fascio di radiazioni sprigionate da cobalto 60 o da un generatore di elettroni.
Quali sono i motivi che hanno spinto a scegliere tale tecnologia per il trattamento di alimenti?
- permette l'eliminazione dei batteri e di alcuni microrganismi che spesso sono fautori di svariate tossinfezioni alimentari.
- ritarda sia la maturazione che la germogliazione degli alimenti, aumentandone conseguentemente la conservazione.
Utilizzo
E' utilizzata al posto della fumigazione chimica su: cacao, caffè, erbe aromatiche e spezie, e per l'eliminazione di particolari batteri che provocano il rapido deterioramento organolettico soprattutto in cibi delicati (frutti di mare freschi e la frutta a polpa tenera), ma non è estendibile indiscriminatamente a tutti gli alimenti a causa delle variazioni di colore o di sapore che può avere su particolari cibi.
In base al dosaggio si evidenzia una differente perdita di determinate componenti nutrizionali (soprattutto vitamine): più precisamente un dosaggio basso o medio comprometterà poco l'alimento, la perdita sarà comparabile a trattamenti quali la liofilizzazione o l'inscatolamento, mentre un dosaggio elevato di radiazioni ionizzanti causerà una vera e propria sterilizzazione.
La legislazione
Per quanto concerne l'aspetto legislativo è bene tenere presente che la Commissione "Codex Alimentarius" insieme con altre autorità atte al controllo in ambito alimentare, hanno disciplinato e approvato l'irradiazione di più di 60 prodotti alimentari.
A livello europeo sono state emanate due direttive: la direttiva 1999/2/CE e la direttiva 1999/3/CE relative all'irradiamento degli alimenti e dei loro ingredienti, sono poi entrate in vigore il 20 settembre 2000, a partire dal 20 marzo 2001, tutti gli alimenti e i loro ingredienti irradiati sul mercato comunitario devono ottemperare alle disposizioni delle suddette direttive.
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La direttiva 1999/2/CE sancisce le norme applicate ad alimenti e ingredienti alimentari trattati con radiazioni ionizzanti, nello specifico interessa una categoria di alimenti (erbe aromatiche essiccate, le spezie e i condimenti vegetali) per i quali sono stati permessi i trattamenti di irradiazione. Tale legge prevede ovviamente anche aspetti legati alla commercializzazione, all'etichettatura (che deve indicare chiaramente se l'alimento in questione è stato trattato o no), l'importazione e i diversi controlli obbligatori su questi alimenti.
Sul piano internazionale questo trattamento è particolarmente diffuso soprattutto sui prodotti a base di carne di pollo per combattere e eliminare la Salmonella e una serie di microrganismi patogeni per l'uomo.
Nello specifico, in America l'irradiazione è utilizzata anche sulla carne rossa nella lotta contro la tossinfezione da Escherichia coli.
E in Italia?
Il DM 30/08/1973 permette l'uso delle radiazioni gamma, liberate dalla disintegrazione di alcuni isotopi del cobalto e del cesio, solo al fine di bloccare la germinazione.
Dubbi e chiarimenti
Sicuramente l'irradiazione è una tecnologia fonte di dubbi e perplessità legate il più delle volte alla paura verso l'applicazione di metodi nuovi sul cibo e paura per eventuali conseguenze verso la nostra salute (la fobia più diffusa è rappresentata dal "terrore" che queste radiazioni trasformino il cibo in un prodotto radioattivo). Di fatto, gli studi scientifici su quest'argomento sono moltissimi; facciamo menzione specificatamente di quelli condotti congiuntamente dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura, l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica e l'Organizzazione Mondiale della Sanità (FAO/AIEA/OMS) dai quali emerge che: "l'irradiamento di qualsiasi alimento fino ad una dose massima di 10 kGy (il kilogray o kGray è l'unità di misura dell'energia assorbita), è ritenuto sicuro" questo è giustificato dal dato che tali radiazioni non sono assorbite dal cibo.
E' opportuno infine fare differenza tra gli alimenti irradiati e quelli radioattivi. I primi sono esposti volontariamente dall'uomo, a delle radiazioni, per bloccare la germogliazione o distruggere i batteri, e le radiazioni cessano istantaneamente il loro effetto nello stesso momento in cui s'interrompe la sorgente che le produce (come succede per il microonde). I secondi sono stati oggetto di esposizione incontrollata, non voluta e cercata dall'uomo e dunque fonte pericolosa per la salute.
Dalla parte del consumatore, resta sempre l'etichetta in base alla quale è possibile, previa attenta lettura, decidere liberamente se acquistare o meno il prodotto in questione. In effetti la direttiva 1993/3/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, all'articolo due dice che "qualsiasi alimento irradiato in quanto tale o che contenga ingredienti alimentari irradiati deve formare oggetto di etichettatura".
Anche in questo caso la scelta alimentare è sicuramente oggetto di libero arbitrio e di applicazione logica delle conoscenze scientifiche supportate dal naturale e istintivo buon senso.